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sabato 30 aprile 2011

Eleonora D'Arborea: principessa guerriera e legislatrice.

Ultima giudichessa indigena della Sardegna, riuscita a resistere agli attacchi stranieri per molto tempo, è famosa soprattutto per la promulgazione della Carta de Logu, uno dei primi esempi di costituzione al mondo: Eleonora d'Arborea (1340 - 1404) ha regnato nel giudicato d'Arborea, dal 1383 al 1402. Il significato simbolico collegato alla giudicessa è legato alla durata del suo giudicato, l'ultimo a cadere in mano straniera.
Sposata con Brancaleone Doria, figlio della casata ligure, Eleonora s'immise con rango paritario nel gioco della politica europea principalmente grazie a due mosse diplomatiche:
elargendo un prestito di 4.000 fiorini al doge della repubblica genovese, Nicolò Guarco, che si doveva impegnare per restituirli in dieci anni, e facendo sottoscrivere la condizione accessoria che, se nel frattempo il figlio di Eleonora e la figlia del doge fossero pervenuti alla pubertà, si sarebbero sposati tra di loro.
Queste mosse fanno intuire un disegno dinastico da parte di Eleonora, che mantenne alto il prestigio della propria casata, riconoscendo il prestigio della famiglia genovese.
Successivamente l'Aragona volle conquistare l'Isola, e, dopo l'assassinio del fratello Ugone III d'Arborea, sembrava che la compattezza dei Sardi stesse per sfaldarsi tra cupidigie e intrighi, quando Eleonora impugnò le armi, e si proclamò giudicessa, secondo l'antico diritto regio sardo per cui le donne possono salire al trono in sostituzione del proprio padre o del proprio fratello, scrivendo immediatamente dopo al sovrano, proponendo una trattativa per ridare pace all'Isola sconvolta da tanti anni di guerra: inviò il marito al re, che si attendeva un atto di sottomissione, ma poi, il reggente, visto l'entusiasmo suscitato nei Sardi dalla giudicessa, lo tenne in ostaggio, ponendo come condizione per liberarlo la consegna del figlio Federico e la sottomissione di Eleonora, che rifiutò. Le trattative durarono per tre anni in un clima di estrema diffidenza: il re chiedeva la restituzione dei territori e la giovane replicava che le popolazioni non intendevano ritornare sotto il governo d'Aragona, ma improvvisamente Eleonora capitola ponendo come condizione la liberazione del marito.
Nel 1392 le operazioni di guerra si ridussero a piccoli colpi di mano, per cui Eleonora ne lasciò la direzione al marito, preoccupandosi dei problemi sociali: per far questo promulgò la "Carta de Logu".
Scritta in volgare sardo, tratta delle materie civili e penali, è chiara e concisa nella forma, e rinnovar vigorosamente i secolari istitui locali, adeguandoli ai nuovi tempi e alla nuova dottrina giuridica.
Nel proemio; Eleonora fissa due concetti: l'elevamento de Paese dipende dalla buona giustizia e le buone leggi tengono a freno i malvagi.
Le pene, tranne i casi più gravi per i quali è prevista la morte, sono sempre pecuniarie: mutilazione, fustigazione, berlina e marchio si applicano solo in caso di mancato pagamento della pena pecuniaria. Il carcere è  contemplato solo come mezzo di custodia preventiva, mai come pena.
La Carta fu poi estesa a tutta l'Isola dagli stessi aragonesi e restò in vigore con le opportune modifiche fino all'emanazione del Codice di Carlo Felice di Savoia.

giovedì 28 aprile 2011

Gramsci: il giorno dopo il 74esimo anniversario della morte.

"Sono invecchiato di 4 anni, ho molti capelli bianchi, ho perduto i denti, non rido più di gusto come una volta, ma credo di essere diventato più saggio e di aver arricchito degli uomini e delle cose"
(Lettera alla madre del 15 Dicembre 1930)
Con queste parole, Antonio Gramsci (Ales, 22 Gennaio 1891 - Roma, 27 Aprile 1937), riflette su come tutte le esperienze della vita, sia esse dolorose e piene di sofferenza, portino comunque ad un arricchimento spirituale e interiore molto alto, e ciò rende le sofferenze stesse sopportabili.
Le sofferenze di cui parla sono riferite alle condizioni di salute che il carcere gli procurò durante gli anni della sua  prigionia: essendo tra i fondatori del Partito Comunista d'Italia, fu incarcerato nel 1926 dal regime fascista di Mussolini per le sue idee e, solo in seguito al peggioramento delle sue condizioni di salute, gli fu concessa la libertà condizionale nel 1934, solo per finire i suoi giorni in una clinica tre anni più tardi.
Durante la sua prigionia Gramsci iniziò un rapporto epistolare molto stretto con la sua famiglia, e di queste lettere non tutte arrivarono a destinazione poiché il personale carcerario controllava ogni singolo aspetto della vita dei detenuti, comprese le missive spedite e ricevute da questi ultimi.
"In cella si può tenere pochissima roba, il puro necessario. Quando giunge qualche pacchetto si è chiamati per assistere all'apertura, per controllare che tutto sia in ordine. Si porta via qualche cosa con sè... la regola è che si riporta il vecchio e si prende il nuovo." (Lettera a Tania del 11 Gennaio 1932)
"Ciò andrebbe contro il regolamento che vuole sia mantenuto il carattere afflittivo della pena carceraria" (Lettera alla madre del 20 Febbraio 1932).
Così metteva in evidenza la severità delle condizioni nelle quali si trovavano a vivere i carcerati, che spesso vanno al ridicolo; ma si sa che le leggi vogliono far sentire maggiormente il distacco dalla vita che si svolge al di fuori delle carceri:
"L'abbonamento al Corriere non l'ho sospeso io: è stata sospesa la concessione di leggere i giornali quotidiani" (Lettera a Tania del 6 Giugno 1932).
"In linea generale non devi mandarmi nulla che io non ti domandi o sulla cui spedizione io non sia stato consenziente.. Tu dici che io non domando nulla. Non è vero; io, quando ho bisogno, domando; ma cerco di farlo razionalmente, per non creare cattive abitudini, che poi è più doloroso smettere. Per vivere tranquilli, in carcere, occorre abituarsi al purissimo necessario." (Lettera a Tania nel 12 Settembre 1927).
Gramsci, anche se limitato in una vita carceraria, voleva sempre mantenersi efficiente; mantenere un certo regime, in carcere era per lui una necessità poiché, nella limitatezza, ogni piccolo vizio potrebbe divenire una necessità, quindi dolorosa da abbandonare. Lui voleva condurre una vita il più possibile normale, anche se all'interno delle mura carcerarie.
Le paure del giovane Antonio erano la noia e l'abbruttimento intellettuale dai quali cercava di allontanarsi interessandosi a vari problemi:
"Nonostante tutto, non riesco a soffocare il bisogno di seguire, sia pure molto approssimativamente, ciò che succede nel mondo grande e terribile" (Lettera a Tania del 20 Febbraio 1928);
"Il peggiore guaio della mia attuale vita è la noia... Hanno finito per corrodermi i nervi" (Lettera a Teresina del 20 Febbraio 1928);
"Sono molto cambiato, in tutto questo tempo. Ho creduto in certi giorni di essere diventato apatico e inerte." (Lettera a Giulia del 27 Febbraio 1928).
Ma per chi è in carcere i problemi non si esauriscono qui "La preoccupazione della tua salute, da un anno a questa parte, mi ha spesso amareggiato troppo, e mi ha fatto sentire la durezza della privazione di libertà della vita carceraria" (Lettera a Tania del 1 Maggio 1928); il non poter essere libero di andare da Tania quando sta male, lo innervosì e gli fece sentire tutto il peso della reclusione.
"I libri e le riviste danno solo idee generali... ma non possono dare l'impressione immediata,... di singole persone reali, senza capire i quali non si può capire neanche ciò che è universalizzato e generalizzato... Conoscevo un giovane operaio... il Giappone lo ossessionava... gli sfuggiva non riusciva ad avere un quadro sistematico delle forze del mondo... Io allora ridevo... Oggi lo capisco. Anch'io ho il mio Giappone: è la vita di  Pietro, di Paolo, e anche di Giulia, di Delio, di Giuliano. Mi manca proprio la sensazione molecolare: Come potrei, anche sommariamente, percepire la vita del tutto complesso?" (Lettera a Giulia il 19 Novembre 1928).
 Dentro il carcere Gramsci viene tagliato fuori dal mondo, non può più rendersi conto di quello che avviene al di fuori delle mura della prigione, può solo avere notizie generali prive di senso perché non collocabili in una spazio e in un tempo reali, restano quindi in uno stato astratto finendo per non avere più importanza perché non riesce a coglierli nella loro profondità.
"Credevo di poter ottenere l'uso permanente della penna e mi ero proposto di scrivere i lavori... non ho però ottenuto il permesso... non posso prendere appunti, cioè in realtà non posso studiare ordinatamente e con profitto" (Lettera a Tania del 11 Aprile del 1927)
"Mi sono accorto che, proprio al contrario di quanto avevo sempre pensato, in carcere si studia male, per tante ragioni, tecniche e psicologiche" (Lettera a Tania i 2 Maggio del 1927)"Ormai ho abbandonato il disegno di scrivere (per forza maggiore, data l'impossibilità di ottenere la disponibilità del materiale scrittorio)." (Lettera a Tania 12 Dicembre 1927)"Anche la lettura diventa sempre più indifferente. Naturalmente, leggo ancora molto, ma senza interesse, meccanicamente." (Lettera a Berti il 30 Gennaio 1928).
In queste righe si nota come la vita carceraria stia spegnendo gli interessi e la curiosità intellettuale di Gramsci: tutto diventa meccanico e abitudine, scopo voluto sicuramente dal regime fascista che mirava, sicuramente, ad annullare la personalità e le idee politiche per renderlo passivo e inoffensivo ai loro progetti. Ciò rende ancora più incredibile il lavoro fatto dal prigioniero politico con le sue lettere e il suo lavoro filosofico di chiara matrice Marxista. Successivamente Gramsci scrisse: "Io non sono un afflitto che deve essere consolato, e non lo diventerò mai" (Lettera del 25 Aprile del 1927) e il 12 Marzo del 1928: "Il carcere è una bruttissima cosa; ma per me sarebbe anche peggio il disonore per debolezza morale e per vigliaccheria." (Lettera a Carlo) e poi il 3 Dicembre dello stesso anno sempre a Carlo: "Tatiana mi ha disilluso; credevo fosse più sobria nell'immaginazione e più pratica. Vedo invece che si fa dei romanzi, come quello che sia possibile che la reclusione venga trasformata, per ragioni di salute, in confino... ciò sarebbe possibile solo per via di una misura personale di grazia, che sarebbe concessa, già s'intende, solo dietro domanda motivata per cambiamento di opinioni... io non ho nessuna intenzione né d'inginocchiarmi dinnanzi a chicchessia, né di mutare di una linea la mia condotta." Conoscendo molto bene le leggi vigenti  non le condivide poiché intaccherebbero la sua personalità e il suo principio morale e ha paura che i suoi familiari possano deviare, senza il suo volere, la sua linea di condotta per la quale ha tanto lottato, tanto da accettare anche la reclusione, rimanendo in questo modo in carcere fino al peggioramento delle sue condizioni di salute diversi anni dopo.

martedì 26 aprile 2011

Cuoricini... gnam gnam!!


Tempi di preparazione: 
Per il ripieno: 1 ora 
Per la pasta: 15 minuti
Per i cuoricini: 3 ore

Tempo di cottura: 5 minuti per ogni infornata

Ingredienti per 10 persone:

Per il ripieno:
250 gr di miele;
250 gr di mandorle tritate finemente.

Preparazione:
Sciogliere il miele in una casseruola. poi versare le mandorle e farlo cuocere a fiamma bassa finchè l'impasto non si asciuga. Stendere il composto con il mattarello della misura che si vuole, si consiglia meno di 1 cm, nella tavola inumidita, e con le formine fare le forme dei cuoricini.

Per la pasta:
250 gr di farina 00;
25 gr di strutto;
1 pizzico di sale;
acqua q.b..

Preparazione:
Lavorare tutti gli ingredienti insieme, finchè non risulta morbida ma non appiccicosa.

Per i cuoricini:
Stendere la pasta finemente, preferibilmente con la sfogliatrice, altrimenti con il mattarello.
Mettere una sfoglia di pasta e appoggiarci sopra il cuoricino di mandorle; prendere un'altra sfoglia di pasta e "bucarla" con una formina (vedi foto sotto), metterla sopra il cuoricino, schiacciare la pasta nei bordi, e iniziare a decorare a piacere:

per esempio, noi abbiamo tagliato i bordi della pasta con le "rosinite"(vedi foto sotto),  abbiamo pizzicato i bordi con le pinzette, e fatto formine di pasta che abbiamo attaccato sopra con l'ausilio di uno stuzzicadenti, e bucherellato per ricordare degli steli d'erba, o scie luminose.


Mettere i cuoricini su una teglia con della carta da forno, e accendere il fuoco a 150° C per pochi minuti, massimo 7-8 minuti, quando sono colorati sotto, non sopra! Devono essere bianchi sopra quando escono dal forno. 
Buon appettito!

sabato 23 aprile 2011

Il giorno del giudizio


Giurista e scrittore nuorese, Salvatore Satta deve la sua fama alla famiglia: infatti non ha mai pubblicato nessun'opera, ma i suoi parenti, riordinando le sue carte da giurista, trovò il suo manoscritto e s'impegno a pubblicarlo, e, con la seconda edizione, diventò un caso mondiale.
Il libro narra vicende e personaggi della Nuoro dei primi del Novecento, dalla inesorabile diaspora familiare si passa ad uno spazio più ampio, la scuola, gli osti, i preti, i giovanissimi, i vecchi, i pazzi che hanno realmente attraversato e vissuto a Nuoro, contribuendo a costruirne la storia e aiutato l'autore a scrivere le loro storie.
Ne "il giorno del giudizio" vi è la storia di un ricordo vivo e trasparente da parte dell'autore e il suo viaggio prende forma, sostanza, giudizio: 

"Questo triste paese, nel quale gli era toccato vivere, che era indifferente a tutto, che aveva accettato le spoliazioni di cui era rimasto vittima, dormiva un sonno secolare, era un paese per modo di dire, perché paese è dove esiste un prossimo, non quello dove ciascuno vive la sua apparenza di vita, nelle case chiuse come fortilizi e alla farmacia o al caffè. Il solo punto d'incontro è il cimitero."

troviamo Satta alle prime luci dell'alba, in modo da non essere visto dai nuoresi, al cimitero, per incontrare i morti e per raccontare una storia, tra pena e dolore, quasi impossibile da narrare. E il viaggio evocativo si dirama in più direzioni, in un groviglio di sentieri, in un viaggio nel tempo, tra i morti, dai quali si sente invocato: "tu stai al mondo solo perchè c'è posto!", che in nuorese suona così "tue ses in su mundu solu ca b'atlocu", è il rimprovero che don Sebastiano rivolge spesso alla moglie Donna Vincenza, mentre con il lume in mano la osserva in un angolo, più dimenticata che viva, immobile e mezza cieca, una condizione che l'aiuterà a vendicarsi del marito, che in tarda età sentirà il desiderio impellente di quell'affetto che per tanti anni aveva fatto mancare alla moglie; in molte zone della Sardegna ancora si usa questo giudizio per apostrofare una persona come buonanulla, inutile, ed è in questo giudizio che si trovano anche tutti gli altri personaggi che attraversano le pagine del racconto, potenti o fragili, astuti o semplici.
Nel tempo e nella notte l'autore incontra carnefici e vittime, luoghi maledetti, tenebre e luci accecanti, e ovunque fa scorrere un'ironia alta e solenne, mai senza pietà: quando Pietro Catte s'impicca all'albero di Biscollai per sottrarsi alla realtà, l'autore ricorda al lettore che non si può annullare il proprio essere nati, e ciò rende la sua morte inutile, perchè egli vivrà nel ricordo dei suoi compaesani e dei suoi familiari.
Il libro è un testo sulla vita e sulla morte, sulla possibilità di saper scegliere, sul saper raccontare in maniera che il lettore senta i personaggi  vivere: il ripescaggio mnemonico  è vivo, doloroso e divertente, talmente impetuoso che Satta alla fine si chiede il motivo che l'ha spinto a scrivere di quell'evento o di quella persona: è il senso della vita stessa che ritorna per tutte le anime chiamate in causa, perchè appena si muore il ricordo vivo nella mente dei vivi è il giorno del giudizio, positivo o negativo. I personaggi non sono altro che anime che ritornano davanti all'autore per chiedere di essere ricordate, e Satta li rinviene confusi tra loro.
Alla fine di questo viaggio sente di avviarsi ad una triste fine e un dubbio lo assale: forse non sono stati i personaggi del libro ad invocarlo, ma è stato lui a chiamarli, non consapevole del rischio in questo modo di diventare eterno, di non cedere all'oblio, come in ogni buon morte, ma di rendersi, in queste pagine, eterno.

giovedì 21 aprile 2011

Isola Rossa: il porto

Il porto dell'Isola rossa (Trinità d'Agultu e Vignola - Olbia-Tempio) è ora costituito da due moli, con 5 pontili fissi con le doghe in legno, che permettono brevi passeggiate ai turisti che vogliono scorgere i bassi fondali e gli scogli. Prima del 2002, anno di apertura al pubblica del molo, il porto era utilizzato dai pescatori, che sfruttavano la piccola spiaggetta con delle travi di legno per poter attraccare la barca nello spazio riparato.
Questo piccolo porto, con circa 400 posti barca, è l'unico lunga un costa lunga 30 km, tra le Bocche di Bonifacio e Castelsardo, e risulta essere una base di partenza per escursioni via mare e via terra, intorno alla Gallura.
Dal porto si ha una visuale privilegiata per l'isolotto granitico dal caratteristico color rosso, che dà nome alla località: gli scogli che creano il porto, durante le belle giornate primaverili, sono piene di gente che vuole pescare o osservare il panorama mozzafiato delle spiagge, la spiaggetta del porto e la bellissima spiaggia lunga, e per la notte di San Lorenzo molti turisti e non si sdraiano sugli scogli per osservare meglio le stelle cadenti, con il rumore del mare che accompagna la visione spettacolare.

martedì 19 aprile 2011

Sassari: il Duomo.


Camminando per le strade di Sassari, nel centro storico pieno di fascino, una meta imperdibile è il Duomo, o Cattedrale di San Nicola.
La presenza maestosa del tempio contrasta con la semplicità delle casette situate oltre la piazza frontale: il prospetto principale è in stile barocco; la facciata viene distinta in 3 livelli: nel primo si trova un portico con tre archi a tutto sesto, nel secondo tre nicchie riccamente ornate ospitanti tre statue dei santi martiri turritani, nel terzo si apre la nicchia ospitante la statua di San Nicola, il patrono di Sassari, mentre all'apice del fastigio curvilineo la scultura del Signore domina la facciata.
Caratteristici del Duomo sono la cupola semisferica e l'alto campanile sul lato sinistro, alla cui base sono stati costruiti archetti pensili, bifore e monofore, mentre la torretta cupolata, aggiunta nel '700, è testimone delle varie epoche storiche nelle quali è stata costruita la Chiesa: infatti si hanno documenti che ne attestano l'esistenza sin dal 1100 d.C., e nei veri secoli è stata rinnovata e rimodernata, a seconda degli influssi architettonici del periodo o per motivi di sicurezza.
All'interno, passando per il portone principale si accede ad un'ampia navata, suddivisa in due campate dalle arcate ogivali; ai lati si possono scorgere le otto cappelle, alle quali si accede grazie agli archi a tutto sesto, e all'altezza dell'ultima cappella si trova l'opera di Gaggini che nel XIX scolpirà il marmo per dar vita ad un pulpito dalle forme neoclassiche.
Oltre la seconda campata si accede al transetto. al cui centro si innalza la cupola semisferica, che ricorda l'arte rinascimentale, dove si può trovare il presbiterio: all'area, sopraelevata, vi si accede tramite una scala, sulla cui balaustra marmorea sono scolpiti dei bassorilievi raffiguranti alcuni santi, e ai cui lati si trovano due leoni anch'essi in marmo.
L'altare maggiore è ugualmente in marmo ed è costruito con due coppie di colonne, i cui capitelli sono di ordine corinzio, reggenti una trabeazione, sopra il quale un timpano custodisce la colomba simbolo dello Spirito Santo; dietro l'altare un'arco ogivale porta nell'abside a due ambienti: il primo semicircolare del XVIII secolo, il secondo quadrato del XV e XVI secolo.
La cupola semisferica tende verso l'alto grazie a quattro pennacchi impostati sulle mensole su cui sono scolpiti i quattro evangelisti, anche se purtroppo, oramai, rimane solo l'aquila di San Giovanni.

Per maggiori approfondimenti cliccate qui e wikipedia vi saprà aiutare!

domenica 17 aprile 2011

Crostata alla marmellata.. gnam gnam!!


Ingredienti per 8 persone:
Per la pasta frolla:
200 gr di farina;
100 gr di zucchero;
100 gr di burro;
1 uovo intero;
1 tuorlo;
la scorza grattugiata di 1/2 limone;
sale q.b.


Per il ripieno:
la marmellata che più vi piace!

Preparazione:
Tagliare il burro a pezzettini e lasciarlo ammorbidire a temperatura ambiente.
Mescolare la farina con lo zucchero, una presa di sale, e la scorza di limone; aggiungete l'uovo intero, il tuorlo e il burro a fiocchi.
Impastare velocemente, ma con leggerezza, per evitare di trasmettere il calore delle mani all'impasto.
Togliere 1/3 della pasta per ricavare successivamente le listarelle e formare così due panetti e avvolgerli in un foglio di pellicola, e riponeteli in frigo per almeno un'ora a "frollare".
In seguito infarinare il piano di lavoro e con il mattarello stendere la pasta dello spessore desiderato, noi preferiamo circa 2/3 centimetri.
Mettere la pasta in uno stampo per crostate, o se preferite in una teglia di circa 28 cm di diametro, dopo averlo oliato e infarinato, o, se preferite, imburrato.
Accendere il forno a 180°C.
Bucherellare il fondo con una forchetta e distribuire la marmellata. Dal panetto piccolo ricavare le listarelle della larghezza di circa 1-2 cm, che devono essere disposti a grata sulla superficie della crostata.
Ripiegare pizzicando il bordo sulle estremità delle strisce.
Infornare e lasciare cuocere a 180°C per 30 minuti circa.
Lasciare raffreddare e servire.. Buon appetito!!

venerdì 15 aprile 2011

Isola Rossa: tra pesca e turismo


Proprio sotto Trinità d'Agultu e Vignola, si trova una piccola comunità, che deve il suo rinomato nome all'isolotto che le sosta proprio davanti, un isolotto dalle pietre granitiche rosate e rossastre: Isola Rossa.
Con questo nome viene da sempre identificata la borgata, composta prevalentemente di pescatori, rimasta semplice e non mondana.
Col tempo la località ha diversificato la sua economia e, sfruttando le bellezze naturali del luogo, si è data al turismo, trasformando il riparo per le barche usato dai pescatori nell'attuale porticciolo per le barche dei turisti, arrivando a 400 posti barca, e ha creato una rete di servizi turistici attirando possessori di yacht e persone abbienti.
Caratteristico cuore pulsante è il lungo mare, incastonato tra alberghi, mercatini estivi, bar e negozietti, dove si possono sempre trovare oggetti artigianali, come i gioielli di corallo e i coltelli dal manico di corno lavorato, ma ancor più interessanti sono i fondali della zona, incontaminati e mozzafiato, che attirano appassionati da tutto il mondo; vari sono gli sport praticabili: dalla pesca subacquea, che riserva sempre molte sorprese, tra i fondali ricchi di flora e fauna nel mare limpido e azzurro, e gite lungo le coste, sia per chi ha la patente nautica che per chi ne sia sprovvisto, grazie alle cooperative di pescatori che mettono sempre a disposizione di chi sia interessato la propria esperienza per escursioni da raccontare poi a casa e agli amici.
Le spiagge, quella del porto e la spiaggia lunga, sono in estate sempre piene di bagnanti, mentre in inverno diventano luoghi di serenità e solitudine, ma sempre molto apprezzati: il mare lambisce le coste e il vento le modella per spettacoli sempre strabilianti.
Famosi in estati sono i fuochi d'artificio, esplosi nella notte di San Lorenzo, che attirano non solo turisti ma anche autoctoni, e riversano sulle stradine della località migliaia di persone: si aspetta la mezzanotte e lo spettacolo pirotecnico ha inizio, attirando gli sguardi sempre sorpresi e affascinati degli spettatori; si possono scorgere genitori che prendono sulle spalle i figli per renderli maggiormente partecipi della serata e coppiette che si stringono ancor di più per la magia vecchia e sempre nuova dei fuochi.
Le campagne limitrofe sono ricche della tipica vegetazione mediterranea, e invogliano le passeggiate e le scampagnate sia giovanili che familiari; per i più "allenati" gli scogli offrono una passeggiata a ostacoli, che ripagherà l'escursionista con un panorama affascinante, dall'inizio alla fine.

giovedì 14 aprile 2011

Chiesa di San Pietro Martire

Se vi trovate nella zona di Trinità d'Agultu verso fine Aprile una delle tappe che vi consigliamo è la sagra di San Pietro Martire. La Chiesa dove si svolge la festa sorge a circa un Km dal paese, e vi si accede tramite una strada un po' stretta e tortuosa, arrivando ad un piazzale su un colle da cui si gode un'ampio e bellissimo panorama sull'Isola Rossa e su Punta Canneddi.
Bellissimi i due olivastri a bandiera piegati dal maestrale. I profumi mediterranei avvolgono subito lo spettatore. Presenta una pianta rettangolare con semplice facciata a capanna, sormontata a campaniletto a vela. Davanti alla chiesa si trova un ampio piazzale dove si svolge la festa campestre il 29 Aprile dedicata al Santo.
La festa è molto sentita nei paesi vicini, Trinità d'Agultu e la Paduledda, che accorrono per festeggiare e per gustare i cibi preparati dagli organizzatori. Lo spiazzo accoglie appositamente tutta la gente che accorre per festeggiare e per divertirsi, assaporando la sagra pre-estiva.
Molte sono le feste campestri in questi luoghi, che fanno accorrere sia gli indigeni, che i turisti, alimentando l'economia locale. 

lunedì 11 aprile 2011

Formagelle.. gnam gnam!




Tempi:

preparazione pasta: 20 minuti;
preparazione ripieno: 20 minuti;
cottura: 10/15 minuti.

Ingredienti per 10 persone:

Per la pasta:

250 gr di farina tipo 00;
25 gr strutto;
sale q.b.;
acqua tiepida qb;

Preparazione:

Mettere la farina sul tavolo a fontana, aggiungere un pizzico di sale, e iniziare a versare l'acqua tiepida, di modo che la pasta risulti duretta.  Piano piano inserire lo strutto e continuare a lavorare finché la pasta non fa le bollicine. Stendere la pasta con la sfogliatrice o in alternativa il mattarello fino ad arrivare ad uno spessore di un paio di millimetri.

Per il ripieno:

750 gr di formaggio fresco dolce di pecora;
170 gr di ricotta;
1 uovo piccolo;
170 gr di zucchero;
1 scorza di arancia grattuggiata.

Preparazione:

Macinare il formaggio, aggiungere la buccia d'arancia, lo zucchero e le uova. Amalgamare il tutto.

Per le formagelle:

Accendere il fuoco a 180°.
Dopo aver steso la pasta, ricavare dei dischetti tondi di circa 10 cm di diametro. Mettere 3/4 di cucchiaio di impasto al centro dei dischetti facendo attenzione che la distanza dal bordo sia di circa 2 cm, e appiattire il ripieno affinché lo spessore sia di circa 2 cm. Prendere i bordi della pasta dei dischetti, sollevarli e pizzicarli per bene dal basso verso l'alto, almeno 8 volte, per chiudere la pasta attorno al ripieno e non farlo fuoriscire. Aggiungere 1/4 cucchiaino sopra ogni formagella.
Posizionare i dolci sopra una teglia ricoperta di carta da forno in infornarle nel forno già caldo, per circa 10/15 minuti, fino a quando i bordi superiori della pasta non saranno dorati e il fondo delle formagelle sarà anch'esso colorato.
Lasciare raffreddare un po' e mangiare!

domenica 10 aprile 2011

La casa di Grazia Deledda

Un monumento storico a Nuoro. da visitare, se vi trovate in questa città. è il museo Deleddiano: casa natale di Grazia Deledda, che vi abiterà fino alla giorno delle nozze nel 1900, è situato a San Pietro, il rione dei pastori che con Seuna costituisce il più antico agglomerato della città, da cui appunto si sviluppò la cittadina.
L'edificio, costruito nella seconda metà dell'Ottocento, è un esempio d'abitazione nuorese del ceto benestante: si sviluppa su tre piani, con corti interne al pianterreno.
Nel 1913 viene venduta, e in seguito non subisce, per fortuna, grosse modifiche; nel 1968 viene acquistata dal Comune di Nuoro, essendo stata dichiarata monumento nazionale, e viene dal Comune ceduta, al prezzo simbolico di 1.000 Lire, all'Istituto Superiore Regionale Etnografico nel 1979.
L'istituto fa in modo che venga subito adibito a museo dedicato alla scrittrice e traduttrice: grazie alla generosità della famiglia Medesani-Deledda il museo ospita da subito un gran numero di manoscritti, fotografie, oggetti personali e documenti vari.
Nel 1997 viene temporaneamente chiuso per alcuni interventi di risanamento, e si coglie l'occasione per revisionare il suo assetto museografico; i lavori termineranno nel 2000 offrendo allo spettatore un museo rinnovato. 
Un'altra importante trasformazione avverrà nel 2006, quando importanti documenti amplieranno la raccolta , per ricomporre il legame affettivo tra la Deledda e la sua città, proponendo, inoltre, un viaggio nel tempo, nella società e nei luoghi vissuti dall'autrice che ha esportato i sentimenti e la cultura barbaricina e della Sardegna intera.

giovedì 7 aprile 2011

La Madonna delle Grazie


Numerosi sono i miracoli attribuiti alla statua lignea della Madonna, ritrovata nel 1600 da un giovane pastore nuorese mentre portava al pascolo le pecore: in onore della statua fu edificata una chiesa, nel rione Seuna di Nuoro, la chiesa della Madonna delle Grazie, con il permesso del vescovo di Alghero Francesco Lopez de Urraca.
La pianta dell'edificio si attiene a modelli gotici, mentre per le decorazioni elementi tardogotici e manieristici si armonizzano insieme; negli anni 50 poi viene edificata la nuova chiesa delle Grazie, molto più grande e spaziosa, per accogliere i numerosi fedeli che ogni anno il 21 Novembre celebrano la madonna per sciogliere il voto fatto nel 1812, quando la Vergine salvò la città dalla peste: la festa è preceduta dalla novena di preparazione, molto sentita nella città, e si conclude con la cerimonia, nella quale sono sempre presenti anche le autorità cittadine, e dodici giovani in costume tradizionale offrono alla Madonna dodici ceri.
E' una festa molto sentita dalla cittadinanza, che durante i giorni della novena, e il giorno della festa, dopo le celebrazioni solenni, nonostante il brutto tempo, si ritrova per le vie centrali, complici anche le numerose bancarelle che allietano i bambini e i golosi adulti.

mercoledì 6 aprile 2011

Il Redentore


La storia del Redentore di Nuoro inizia ben più di un secolo fa!
Nel 1900 il papa Leone XII per festeggiare il giubileo e salutare il nuovo secolo volle innalzare in 19 regioni italiane la statua del redentore: furono poi innalzate 20 statue in 20 monti di altrettante regioni, 1 per celebrare il papa, le altre per i secoli della cristianità.
Nella nostra cara isola fu scelto come sito ospitante la statua, il monte Ortobene, che sovrasta Nuoro e osserva mite il paesaggio circostante; l'organizzazione fu delegata alla diocesi nuorese e all'allora vescovo Mons. Demartis, che si occupò dei preparativi, grazie anche alla generosità dei nuoresi che fecero colletta per la costruzione della statua. Lo scultore incaricato, Vincenzo L. Jerace, scolpì la statua di bronzo per diversi mesi, inserendo nell'opera il volto sorridente di un bambino, per impersonare l'umanità che sta al cospetto di Cristo: in molti credono che quel volto sia il Maligno pronto ad approfittarsi delle debolezze umane, ma le vicende della vita personale dello scultore, la morte della giovane figlioletta durante la lavorazione della statua, hanno portato questi a scrivere le seguenti righe, lasciando intuire al lettore e spettatore a chi possa appartenere il volto sorridente del fanciullo ai piedi del Signore:
"staccato dal suolo e reggentesi su di esso col solo lembo del suo mantello, nella cui piega estrema è avvolto un viso di pargola sorridente, l'umanità sempre bambina al cospetto di Gesù".
Dopo qualche tempo viene a mancare anche la moglie dello scultore che aggiunge nel palmo della mano del Cristo: "Luisa Verace, morta mentre il suo Vincenzo ti scolpiva".
Finita di scolpire la bronzea statua, essa approdò sulle coste sarde nell'Agosto del 1901, e fu portata, prima grazie al treno a Nuoro, e poi grazie a 6 carri di buoi sulla vetta del monte, lì assemblata ed eretta in tutta la sua altezza, sulla cima del monte, il 29 Agosto tra la gioia e le feste de nuoresi numerosi e le rappresentanze di cento parrocchie accorse per festeggiare e celebrare l'avvenimento.
La cerimonia di inaugurazione fu preceduta da una processione di numerosissime persone che indossavano coloratissimi e preziosissimi costumi tradizionali: la processione, partita dalla cattedrale e snodatasi in alcune vie cittadine, giunse fino al monte per omaggiare la nuova statua; da allora, per ricordare lo spirito di gioia, si rinnovò la processione variopinta e folkloristica, fino quasi a perdere il suo originario carattere religioso, motivo per cui si scinsero le due manifestazioni dedicando due giornate distinte all'aspetto religioso e a quello profano: il 29 Agosto è dedicato al primo, e la penultima settimana del mese al secondo.
La settimana precedente il 29 Agosto inizia con una sfilata pomeridiana e nello stesso giorno inizia il festival del folklore nell'anfiteatro comunale con canti e balli tradizionali.
Alle 6 del mattino del 29 Agosto inizia il corteo con una statua di legno, copia di quella posata nel monte, che parte dalla cattedrale, si snoda nelle vie cittadine, come nel 1901, e arriva al monte, dove si celebra la messa commemorativa; segue una sfilata, che inizia con l'offerta ai presenti di buon vino e prosegue con i gruppi in costume che offrono dolci agli spettatori per tutta la mattina.
Il tutto in memoria degli avvenimenti del 1901, per arricchire ogni volta lo spettatore di una magia mai sopita.

domenica 3 aprile 2011

Torta di mele... gnam gnam!!



Tempi
Preparazione: 20 minuti;
Riposo: 1 ora.
Cottura: 40-50 minuti;

Ingredienti per 8 persone:

400 gr di farina:
250 gr zucchero;
2 bustine di lievito;
4 uova;
150 ml latte parzialmente scremato;
1 buccia li limone grattugiata;
500 gr mele.

Preparazione:

Sbattere le uova con lo zucchero; aggiungere la farina lentamente in modo che non si formino i grumi;
aggiungere il lievito e la buccia del limone, e successivamente aggiungere il latte, lentamente.
Accendere il forno a 165 °, e nel frattempo, ungere e infarinare uno stampo per torte, del diametro di 30 cm, con le pareti alte, aggiungere la carta da forno, in modo che sia tutta ricoperto, e versare il preparato ottenuto.
Distribuire le mele sia in mezzo al preparato che sopra a piacere.
Infornare la torta e dopo 40 minuti fare la prova dello stuzzicadenti: se dopo aver "bucato" il centro della torta rimane del preparato nel bastoncino lasciarla in forno, ripetendo l'operazione dopo 10 minuti, fino a che nel bastoncino non ci sia traccia di preparato.
Lasciare raffreddare, anche in frigo, per 1 ora e servire!

venerdì 1 aprile 2011

Trinità d'Agultu e Vignola


 Trinità d'Agultu e Vignola (provincia di Olbia-Tempio) si trova ai limiti del golfo dell'Asinara, circondata da una natura rigogliosa e da coste con spiagge bianchissime, calette e rocce granitiche rossastre: le rocce presenti sono molto antiche, risalenti al paleozoico e sono le ultimi propaggini del massiccio Sardo-Corso rappresentato dai graniti rossastri. 
Oggigiorno è un centro di circa 2.000 abitanti, a soli 4 Km dalla costa, e grazie alle località di Costa Paradiso e l'Isola Rossa è un centro turistico di grande interesse, sempre in crescita.
La fascia costiera, molto ampia, si estende dall'Isola Rossa a Cala Serraina: la costa è molto frastagliata, bassa e rocciosa e, in alcuni punti, emergono rocce isolate, mentre la terraferma si allunga per formare una penisola, ai lati della quale si trovano le due spiagge più famose e frequentate, Isola Rossa e La Marinedda.
Il suo territorio è ricco di storia: sono presenti i nuraghi di Stazzu Vecciu di Paduledda e la Torre Spagnola dell'Isola Rossa.
Le origini di questo paese risalgono alla seconda metà dell' 1700: la leggenda vuole che i banditi sardi e corsi che scorrazzavano nella zona avessero necessità di una chiesa, perché, per la legge dell'epoca, potevano usufruire dell'immunità del luogo di culto; di conseguenza trafugarono dalla Corsica, in una località vicino Bonifacio, la statua lignea che oggi ritroviamo all'interno della chiesetta. Arrivati in Sardegna, la trasportarono per portarla lontano dalla costa, e arrivati a circa 400 mt s.l.m. la posarono per riposarsi qualche ora, e, al momento di ripartire, non riuscirono più a sollevarla: decisero allora, dopo vari e vani tentativi, di rimanere nella zona e costruire in qual punto la chiesa, che divenne centro di preghiera e culto del borgo.
Nella seconda metà del 1800 il centro fu popolato principalmente dai pastori delle campagne limitrofe, di Aggius e di Tempio, mentre nel intorno al 1960 divenne comune. Quindi anche se è un comune molto giovane, la sua storia si può far risalire a diversi secoli addietro.