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sabato 30 aprile 2011

Eleonora D'Arborea: principessa guerriera e legislatrice.

Ultima giudichessa indigena della Sardegna, riuscita a resistere agli attacchi stranieri per molto tempo, è famosa soprattutto per la promulgazione della Carta de Logu, uno dei primi esempi di costituzione al mondo: Eleonora d'Arborea (1340 - 1404) ha regnato nel giudicato d'Arborea, dal 1383 al 1402. Il significato simbolico collegato alla giudicessa è legato alla durata del suo giudicato, l'ultimo a cadere in mano straniera.
Sposata con Brancaleone Doria, figlio della casata ligure, Eleonora s'immise con rango paritario nel gioco della politica europea principalmente grazie a due mosse diplomatiche:
elargendo un prestito di 4.000 fiorini al doge della repubblica genovese, Nicolò Guarco, che si doveva impegnare per restituirli in dieci anni, e facendo sottoscrivere la condizione accessoria che, se nel frattempo il figlio di Eleonora e la figlia del doge fossero pervenuti alla pubertà, si sarebbero sposati tra di loro.
Queste mosse fanno intuire un disegno dinastico da parte di Eleonora, che mantenne alto il prestigio della propria casata, riconoscendo il prestigio della famiglia genovese.
Successivamente l'Aragona volle conquistare l'Isola, e, dopo l'assassinio del fratello Ugone III d'Arborea, sembrava che la compattezza dei Sardi stesse per sfaldarsi tra cupidigie e intrighi, quando Eleonora impugnò le armi, e si proclamò giudicessa, secondo l'antico diritto regio sardo per cui le donne possono salire al trono in sostituzione del proprio padre o del proprio fratello, scrivendo immediatamente dopo al sovrano, proponendo una trattativa per ridare pace all'Isola sconvolta da tanti anni di guerra: inviò il marito al re, che si attendeva un atto di sottomissione, ma poi, il reggente, visto l'entusiasmo suscitato nei Sardi dalla giudicessa, lo tenne in ostaggio, ponendo come condizione per liberarlo la consegna del figlio Federico e la sottomissione di Eleonora, che rifiutò. Le trattative durarono per tre anni in un clima di estrema diffidenza: il re chiedeva la restituzione dei territori e la giovane replicava che le popolazioni non intendevano ritornare sotto il governo d'Aragona, ma improvvisamente Eleonora capitola ponendo come condizione la liberazione del marito.
Nel 1392 le operazioni di guerra si ridussero a piccoli colpi di mano, per cui Eleonora ne lasciò la direzione al marito, preoccupandosi dei problemi sociali: per far questo promulgò la "Carta de Logu".
Scritta in volgare sardo, tratta delle materie civili e penali, è chiara e concisa nella forma, e rinnovar vigorosamente i secolari istitui locali, adeguandoli ai nuovi tempi e alla nuova dottrina giuridica.
Nel proemio; Eleonora fissa due concetti: l'elevamento de Paese dipende dalla buona giustizia e le buone leggi tengono a freno i malvagi.
Le pene, tranne i casi più gravi per i quali è prevista la morte, sono sempre pecuniarie: mutilazione, fustigazione, berlina e marchio si applicano solo in caso di mancato pagamento della pena pecuniaria. Il carcere è  contemplato solo come mezzo di custodia preventiva, mai come pena.
La Carta fu poi estesa a tutta l'Isola dagli stessi aragonesi e restò in vigore con le opportune modifiche fino all'emanazione del Codice di Carlo Felice di Savoia.

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